AMBIENTE – Il ritorno dei lupi fa paura ai pastori: “Troppi danni per gli allevatori”. Pronto un piano per abbatterli

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AMBIENTE – Sono stati spesi decine di milioni per far tornare i lupi nei nostri boschi e sulle montagne. Erano quasi estinti nel 1971, quando iniziò la loro protezione. Adesso – anche se è difficile contarli, non sono mucche nella stalla – sono fra i 1.070 e i 2.452 sull’Appennino, fra i 100 e i 150 sulle Alpi. Il ministero dell’Ambiente, in un documento preparato con l’Unione zoologica italiana, in sostanza annuncia che, dopo avere speso tanti milioni per la protezione del Canis lupus, adesso bisogna investire qualche euro in pallottole. In termini burocratici, si propongono “deroghe al divieto di rimozione del lupo dall’ambiente”. Si mette anche un limite a questi “prelievi”: il 5%. Ma ancor prima che il piano diventi esecutivo (martedì l’incontro fra il ministero e la conferenza delle Regioni) partono polemiche pesanti. “Il ministero – denuncia la Lav, Diritti degli animali – dopo 45 anni consentirà gli abbattimenti di lupi e ibridi e renderà addirittura possibile dare la caccia ai cani vaganti”.

Il Canis lupus non è certo il solo animale che crea problemi. Dal 1980 al 2010 – si legge nel documento ministeriale – il cervo è aumentato del 700%, il capriolo del 350%, il camoscio alpino del 120%, il muflone del 300%. Il cinghiale, non censito nel 1980, dal 2000 ad oggi è cresciuto del 400%.

Ma il “prelievo” del lupo pone problemi seri. La direttiva Habitat 92/ 43 Cee lo definisce “specie prioritaria” e ne proibisce “cattura, uccisione, disturbo, detenzione, trasporto, scambio e commercializzazione “. Deroghe sono state però ottenute da Francia, Spagna e Svezia. Nel documento ministeriale si legge che l’Italia chiede la deroga per limitare la “forte tensione sociale”, soprattutto nelle zone dove la specie “ha fatto ritorno dopo decenni di assenza e dove si sono sviluppati metodi di allevamento che, per essere compatibili con la presenza del lupo, richiedono onerose misure di prevenzione”. Per cui il “prelievo di alcuni esemplari” può “coadiuvare le altre azioni di prevenzione e mitigazione del danno”.

D’accordo con gran parte del piano i contadini e gli allevatori. “Finalmente – dice Stefano Masini, responsabile ambiente della Coldiretti – il governo ha capito che chi lavora non può più sopportare i continui attacchi dei predatori di bestiame. L’eliminazione di qualche capo troppo aggressivo può davvero ridurre la conflittualità sociale. Non ci piace, invece, la proposta di ridurre i pascoli e l’agricoltura nelle aree marginali della montagna dove il lupo è più presente. Queste sono le terre dove giovani agricoltori stanno costruendo, anche con fondi europei, le loro attività”.

Fortissima la protesta della Lav. “Il piano ministeriale – dice Massimo Vitturi, responsabile animali selvatici – parla di “conservazione e gestione del lupo” ma in realtà è un salto indietro di quasi mezzo secolo. È inaccettabile, sotto il profilo scientifico e ancor più sotto quello morale. Gli abbattimenti – ci sono studi in tutta Europa – non fanno diminuire le predazioni. E l’apertura della caccia non arresta il bracconaggio, anzi. Se il sistema avalla l’uccisione del lupo, il bracconiere si sentirà un benefattore”.

“Abbiamo inviato i nostri pareri al ministero – continua Vitturi – ma non abbiamo avuto risposta. L’ultima bozza è peggio della prima. Prevede l’abbattimento di cani-lupo e cani vaganti non solo nelle aree protette, ma anche in quelle rurali. Oltre ai randagi, verranno ammazzati anche i cani di proprietà che si sono smarriti?”. Il piano non è ancora approvato, ma già partono le prime “fucilate”. Per ora, a salve.

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