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ISERNIA – Potrebbero essere gli esecutori materiali di un’aggressione decisa da più persone. E’ questo uno dei particolari emersi dall’inchiesta della Mobile di Campobasso che ha portato all’arresto di Francesco Formigli e Aniello Sequino, accusati di omicidio volontario premeditato aggravato per la morte, avvenuta un anno fa, di Fabio De Luca (45enne di origini romane), a seguito di una aggressione nel carcere isernino di Ponte San Leonardo. I due di 44 e 26 anni sono stati rinchiusi nel penitenziario di Campobasso, così come disposto dal gip del tribunale pentro Elena Quaranta. Un’indagine non ancora conclusa, ma che ha portato ai primi importanti risultati, illustrati in conferenza stampa dal procuratore capo Paolo Albano. La vittima è stata descritta come una persona particolarmente litigiosa, che pare avesse preso di mira il gruppo di detenuti napoletani. E per questo gli inquirenti non escludono che proprio il suo atteggiamento possa aver scatenato la violenza nella “cella 110”, che ha dato il nome all’operazione.
Inizialmente il decesso del 45enne romano (morto dopo giorni di agonia all’ospedale Cardarelli di Campobasso) venne attribuito a una caduta accidentale da un letto a castello. Una versione che però ha sempre convinto poco gli investigatori. Dubbi confermati prima dai filmati delle telecamere, poi dall’autopsia: ha stabilito che la vittima era stata colpita più volte alla testa con un oggetto contundente liscio, forse un pugno o una spranga ricoperta con un panno. L’arma del delitto non è stata ritrovata e ci sono ancora dei tasselli da mettere insieme per avere un quadro completo di quanto accaduto quella sera di un anno fa. “Siamo convinti – ha detto il procuratore Albano – che i due indagati siano stati gli esecutori materiali di un’aggressione decisa da più persone”.
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