CAMPOBASSO – Festa della Donna, le riflessioni di Claudia Mistichelli

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CAMPOBASSO. In occasione della Festa della Donna, i social network e le testate giornalistiche dedicano gran parte dei loro spazi al ricordo del tragico evento avvenuto nel pomeriggio del 25 marzo 1911. All’ottavo piano della Triangle Shirtwaist Company, situata nel cuore di Manhattan, un incendio uccise 146 operai, in massima parte giovani donne immigrate. Quasi la metà delle vittime, ben 62, perirono lanciandosi dalle finestre nel tentativo disperato di salvarsi, poichè la fabbrica occupava gli ultimi due piani di un palazzo di dieci ed i lavoratori erano rinchiusi a chiave per essere costantemente controllati. I proprietari della fabbrica, che riuscirono a mettersi in salvo, furono processati e assolti. L’assicurazione pagò solamente 445 dollari per ogni persona deceduta e il risarcimento alle famiglie fu di appena 75 dollari. Il tutto è testimoniato presso il MUSEUM OF THE CITY OF NEW YORK.

Come in tante ricorrenze, anche per l’8 marzo, si sprecano parole contro la violenza sulla donna, sulla discriminazione  dei sessi,  sul  ruolo della figura femminile nella società e nel mondo del lavoro. Si  riaccendono  polemiche in merito ai festeggiamenti ed al consumismo legato all’evento, contestando le varie  pubblicità di regali ed oggetti dedicati a questo giorno. In molti si ergono a paladini della verità assoluta, ricordando, solo in queste occasioni eclatanti, tutti i fatti criminosi o violenti che spesso ci circondano e dimenticando che non è uno specifico evento a rendere  il genere femminile migliore. Proprio in virtù di queste considerazioni, ogni donna dovrebbe avere la libertà di scegliere come meglio onorare il proprio giorno, se restare  in reverente silenzio oppure se approfittare dell’occasione per lo svago di una sera,  in quanto il peso del suo ruolo la donna lo sente tutti i giorni dell’anno e il proprio valore lo dimostra quotidianamente.

Costantemente dovremmo tener presente che ogni tipo di sopruso sulla donna, e su qualsiasi essere vivente, rappresenta in sé un’ingiustizia e  di certo non sarà una cena o una serata danzante  a sminuire tale importante evento. Al contrario, proprio la strumentalizzazione dell’immagine della donna, in alcuni casi può equivale ad una forma di violenza.

Claudia Mistichelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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