VENAFRO/ISERNIA – San Nicandro, Marciano e Daria: le puntualizzazioni di Tonino Atella rispetto alle asserzioni di Mauro Gioielli

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VENAFRO/ISERNIA – Dal collega Tonino Atella, storico di Venafro, riceviamo un’interessante nota sulle recenti asserzioni di Mauro Gioielli circa i Santi Martiri Nicandro, Marciano e Daria:

“L’ amico isernino Mauro Gioielli, di cui di recente si leggono approfondimenti e ricerche storiche su fatti realmente accaduti nonché su favole e leggende del territorio pentro, consentirà alcune puntualizzazioni in merito al suo recente servizio sulla figura dei Santi Martiri Nicandro, Marciano e Daria e sul loro sacrificio, al fine di chiarirne vicende e contesti storici. Primo e determinante punto dell’intera questione : in base all’ufficialità di Santa Romana Chiesa San Nicandro è Patrono di Venafro e Protettore della Diocesi d’Isernia/Venafro. Qualsivoglia altra interpretazione è puramente fantasiosa e destituita di ogni fondamento, checché ne abbiano scritto ed argomentato personaggi illustri del passato e come tali degni di massimo rispetto. Né scalfisce affatto tale assunto l’argomentazione, tutta isernina, secondo cui San Nicandro sarebbe “il primo Patrono” di Isernia e Papa Celestino V “il secondo Patrono“, ossia “ Ru’ Santon’ “ -come suol essere definito Papa Celestino V nel capoluogo- declassato in ordine d’importanza. No, San Nicandro non è il Patrono di Isernia, a prescindere dalla posizione e dal rilievo attribuitigli, bensì Patrono di Venafro in maniera esclusiva. E’ invece Protettore dell’intera Diocesi d’Isernia/Venafro, concetto unanimemente condiviso. Seconda questione. Il suo corpo non venne affatto straziato, offeso e vilipeso, come fantasticava nel ‘600 lo storico Giovanni Vincenzo Ciarlanti che si abbandona a descrizioni altamente cruente  e raccapriccianti, bensì decapitato nello stesso luogo di Venafro dove 700 anni dopo venne eretta la Chiesa -oggi Basilica- nella cui cripta ne è conservato il corpo, rinvenuto nel 1930 grazie alla caparbia e convinta ostinazione di due Frati del Convento dei Frati Minori Cappuccini della città. E fu lì sepolto, subito dopo la decapitazione del 17 giugno del 303 d.C. decretata dal Prefetto Massimo, in quanto in loco trovavasi il cimitero militare romano (alcuni  fregi ed iscrizioni del periodo sono murati sulla parete esterna di sinistra della Basilica) e al giovane ufficiale Nicandro spettava di essere lì interrato in quanto militare. Una colonna in pietra sul lato sinistro del piazzale dell’attuale Basilica ricorderebbe, secondo interpretazione popolare, il punto esatto del sacrificio di Nicandro e di Marciano, che era suo fratello maggiore e non già amico. I due fratelli furono decapitati uno dopo l’altro e nello stesso luogo dal boia pagano, che non fece altrettanto con Daria, moglie di Nicandro, in quanto all’epoca non era prevista per le donne la decapitazione ma altra modalità, e in luoghi e tempi diversi rispetto agli uomini. Daria infatti venne martirizzata successivamente rispetto a Nicandro e Marciano, con criteri rimasti sconosciuti. I suoi resti, alla pari di quelli del cognato Marciano, sono stati rinvenuti murati nella parete di destra della cripta sottostante la Basilica e mai portati alla luce ; una croce ne indica il punto esatto. Terzo e conclusivo punto : parte del cranio di San Nicandro é custodita ad Isernia. Ve la portò, tanti decenni  addietro, un alto prelato della Chiesa locale prelevandola dalla sepoltura e da allora è lì custodita, esposta e venerata, giusta la fede popolare degli isernini nei confronti, appunto, del Protettore dell’intera Diocesi d’Isernia/Venafro. Fede verso San Nicandro che accomuna isernini e venafrani, entrambi pienamente soddisfatti della presenza della preziosa Reliquia del Martire nel capoluogo pentro”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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