VENAFRO – Commemorazione vittime, Ricci “C’è un filo conduttore tra la Venafro del ’44 e la Mariupol di oggi. Un filo conduttore fatto di morte e distruzione”

VENAFRO, Commemorazione, vittime, 15 marzo '44, Alfredo Ricci
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VENAFRO – Si è tenuta questa mattina martedì 15 marzo 2022 la cerimonia di commemorazione alle 73 vittime civili causate dal bombardamento del 15 marzo del 1944.

I bombardieri di truppe alleate Usa sganciarono il loro micidiale carico di bombe dando origine ad una tragedia immane. Il tutto avvenne perché il centro venafrano fu scambiato per la città ciociara di Cassino, luogo in cui erano diretti i bombardieri per stanare la resistenza nazista che si pensava asserragliata nell’Abbazia di Montecassino. A perdere la vita 73 civili tra cui 35 venafrani e oltre 200 soldati alleati.

Dunque, dopo la pausa della pandemia, quest’anno la cerimonia commemorativa è ripresa secondo tradizione e ha avuto anche un significato proiettato verso la tragedia dell’Ucraina riflettendo sull’attuale momento storico.
Dopo la S. Messa officiata da S.E. Mons. Camillo Cibotti, Vescovo della Diocesi Isernia-Venafro, presso la la Chiesa dell’Annunziata, è stata deposta una corona di alloro alle lapidi delle vittime della guerra apposte presso il Palazzo Comunale. Il corteo, numerosi i giovani dell’Istituto Giordano, è proseguito per via Plebiscito, via Garibaldi, p.zza Porta Nuova, piazzetta XV Marzo – dove è stata deposta una corona -, p.zza Vittorio Emanuele II, c.so Campano, via Roma ed infine p.zza Vittorio Veneto dove è stata deposta un’altra corona di alloro al Monumento ai Caduti è tenuto il discorso ufficiale.
Presenti alla cerimonia il sindaco di Venafro, Alfredo Ricci e le autorità civili e militari “Saluto le Autorità civili, militari e religiose presenti, per tutte il Sig. Vicario del Prefetto e Sua Eccellenza Mons. Vescovo. Saluto le associazioni di reduci e militari in congedo, testimonianza tangibile dell’attaccamento ai valori che giornate come quella odierna vogliono trasmettere. Un deferente e affettuoso saluto va ai sopravvissuti e ai familiari dei caduti del 15 marzo 1944, come anche di quelli dell’ottobre 1943.

Un sincero ringraziamento per questa partecipazione va a tutti i cittadini presenti e agli alunni e alle alunne delle scuole. In particolare, voglio ringraziare le ragazze e i ragazzi dell’Istituto “Giordano”, che con il loro corteo composto e le riflessioni che hanno voluto condividere con noi, hanno saputo dare quest’anno, in questo difficile momento internazionale, un significato più intenso a questa cerimonia.

«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

Con questa citazione dell’art. 11 della nostra Costituzione concludevo il mio intervento all’ultima cerimonia commemorativa dei fatti del 15 marzo 1944, tenutasi nel 2019.

Queste parole, scolpite nella Costituzione figlia di quel periodo storico lontano negli anni e soprattutto negli scenari, in quella ricorrenza del 15 marzo 2019 parevano riecheggiare nei cuori dei Venafrani come memoria dei fatti tragici del Secondo Conflitto Mondiale e delle macerie, fisiche e morali, su cui era stata ricostruita la nostra coscienza cittadina e nazionale. Ma costituivano anche la cornice di fiducia nel futuro di pace, che, anche grazie al progetto di integrazione europea, aveva costituito la conquista degli ultimi 70 anni e la prospettiva, che ci pareva definitiva, delle nuove generazioni.

Negli ultimi due anni abbiamo combattuto un’altra guerra, contro un nemico invisibile, il COVID-19. È stata una guerra che ci ha fatto tremare di paura, ci ha chiusi in casa, limitando diritti e libertà personali in maniera prima impensabile, ci ha privato di abbracci e affetti. Tutto questo è stato per un bene superiore, quello della comunità come sommatoria di singoli da tutelare e valore complessivo da salvaguardare. Ma quella guerra, da cui ormai ci accingiamo a venire fuori con la fine dello stato di emergenza, è stata combattuta con l’arma della solidarietà, quella del personale sanitario, dei rappresentanti istituzionali e delle forze dell’ordine, delle associazioni di protezione civile, del mondo del volontariato, dei tanti piccoli grandi gesti di chi non ha fatto mancare la sua vicinanza al parente, all’amico, al conoscente positivo.

Nella nuova attuale fase di diversa normalità, tante volte richiamata, eravamo pronti a ripartire, con il rilancio dei valori, il recupero delle abitudini quotidiane, la ripresa economica. Ma all’improvviso ci siamo ritrovati in un presente che sa tanto di passato.

Abbiamo ascoltato il contributo stupendo che le nostre ragazze e i nostri ragazzi dell’Istituto “Giordano”, in questa inedita presenza tangibile nella manifestazione ufficiale che abbiamo voluto fortemente come Amministrazione, ci hanno voluto tracciare, approfondendo i fatti del 15 marzo 1944 e conducendo un filo conduttore che arriva fino a Mariupol, quella che è stata già ribattezzata la città martire dell’Ucraina.
La generazione che ci ha preceduto, quella che ha vissuto in prima linea fatti come il bombardamento di Venafro del 15 marzo 1944, avendo nei propri occhi le immagini di distruzione e di morte di quei momenti, era riuscita a consegnarci un futuro di pace, come delineato e garantito dall’art. 11 della nostra Carta Costituzionale che ho citato poc’anzi. E invece oggi ci ritroviamo catapultati all’indietro.

Da 78 anni commemoriamo, anche in questa cerimonia, quei fatti del 15 marzo 1944, che ognuno di noi ha provato a farsi raccontare dai testimoni dell’epoca, che ancora oggi piangono nel raccontare lo squarcio di dolore fisico e morale di quei momenti e del tempo che ne seguì.
Nelle lacrime che ancora oggi i nostri concittadini testimoni dei fatti del 15 marzo 1944 versano nel raccontarli, ognuno di noi è sempre riuscito a vedere, come un film, le immagini di quei momenti tragici, fatti di morte e distruzione.

Oggi, 15 marzo 2022, rivediamo quelle scene, tante volte solo raccontateci, nelle città martoriate della nostra vicina Ucraina, in una guerra imperialista in cui di nuovo, dopo oltre 70 anni, europei si fanno aggressori di vicini europei, con l’obiettivo di prevalere, e prevalere uccidendo e distruggendo.

Tante volte ci siamo detti che la memoria non è solo commemorazione fine a se stessa, ma costituisce il principale presidio affinché ciò che è stato non si ripeta. Ma la follia umana non è capace di memoria, non è capace apprendere; e solo follia può ispirare le uccisioni e le stragi che stiamo vedendo in Ucraina e la grave crisi umanitaria che ne sta scaturendo. E così oggi, in questa cerimonia, commemoriamo i caduti dei bombardamenti di Venafro, ma rivolgiamo il nostro pensiero anche ai nostri amici ucraini che stanno soffrendo e stanno morendo. Queste bandiere ucraine che sventolano in un legame di fratellanza accanto a quelle italiane ne sono il segno tangibile. Pensiamo a quei bambini che con le loro mamme hanno dovuto ancora una volta, come durante il Secondo Conflitto Mondiale, separarsi dai propri padri impegnati a combattere in uno scontro dell’uomo contro l’altro uomo che pensavamo di non dovere più vedere nella nostra Europa.

Rispetto a questa immane tragedia, nel nostro piccolo, in questo lembo di Italia, forse possiamo fare poco; o forse possiamo fare tanto.
Possiamo fare marce di testimonianza per la pace e unirci agli appelli e alle preghiere di pace di Papa Francesco.

Possiamo fare sentire in maniera tangibile la nostra solidarietà al popolo ucraino. Ancora una volta la solidarietà si sta rivelando un’arma potente: raccolte fondi e raccolte di beni di prima necessità in favore degli Ucraini che sono rimasti nella loro terra e dei profughi che sono in fuga; da ultimo e in queste ore, l’ospitalità che anche a Venafro alcune famiglie iniziano a dare, e per cui noi come Amministrazione siamo pronti a fare la nostra parte e ci stiamo a nostra volta organizzando nell’ambito dei circuiti istituzionali che il Governo sta predisponendo.
E possiamo riflettere, insieme ai nostri giovani, su come i valori di solidarietà umana, di libertà, di democrazia, che vinsero dopo fatti come quelli del 15 marzo 1944, siano ancora oggi, e forse oggi ancora di più, quelli a cui il nostro futuro deve inevitabilmente tendere, in una prospettiva di pace e fratellanza in cui, per usare un’espressione tante volte sentita due anni fa in piena pandemia, anche Ucraini e Russi torneranno ad abbracciarsi.

È proprio vero, vi è un unico filo conduttore tra la Venafro del 15 marzo 1944 e la Mariupol del 2022. Un filo conduttore fatto di morte e distruzione; ma un filo conduttore fatto anche di amore, di solidarietà e di un futuro di pace a cui la comunità internazionale dovrà tendere”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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