CAMPOBASSO – Messa crismale, l’omelia del vescovo mons. GianCarlo Bregantini

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CAMPOBASSO – Carissimi presbiteri, diaconi, seminaristi, consacrate e fedeli tutti: “Canteremo per sempre l’amore del Signore!”, come ci esorta a fare l’antifona del salmo. La messa crismale, quest’anno riportata a Campobasso, dopo la bella esperienza di Bojano con larga parteci­pazione, è sempre un forte momento di fede.

Quella fede che sempre viene messa in sfida durante la quaresima. Quante tentazioni, prove, amarezza! Lo sguardo agli eventi mondiali ci rende ancor più preoccupati. Con precise domande, nel cuore nostro.

Per parte mia, sento con accresciuta consapevolezza, che è vera l’espressione di papa Francesco e papa Benedetto. Quella della “Lumen Fidei”. Dove la traduzione più vera non è “luce della fede” ma lume, lucerna, piccola fiamma che ci permette però di camminare, con fiducia, sulle strade della vita. Ciascuno nel suo sentiero, illuminato non con la luce splendente del meriggio, ma con quella fiammella che mi fa sentire sia il dramma dei non-credenti che la gioia della risposta. Vicini a chi fa fatica o è lontano. Ma anche con un passo avanti, per aprire strade nuove.

Del resto, questo è stato lo scopo anche della visita di papa Francesco, tra di noi, il 5 luglio 2014:  confer­marci nella fede. Che vacilla, come avvenne per Pietro, davanti alle insidiose domande della gente. Fragilità che si fa “pianto dirotto”, sotto lo sguardo amabile e amato di Gesù.

Sono le tenebre del labirinto, che ci avvolgono. Che vivremo con drammaticità nella liturgia della luce, nella grande Veglia pasquale. “Solo insieme con Gesù, pregandolo e seguendolo, troviamo chiarezza di visione e forza di por­tarla avanti”, ci ha detto il papa, rivolgendosi ai giovani a Castelpetroso, in quel mirabile discorso che traccia tutta la nostra attività di Pastorale giovanile e vocazionale, come si è rivissuto nella intensa celebrazione della GMG diocesana, sabato scorso, nel segno della beatitudine: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio!”.

E “puro di cuore” è quel prete che sa guardare oltre le tenebre, che sa essere ottimista, che non sottolinea le carenze, ma punta sulle opportunità. Che sa leggere con chiarezza le perle, per scorgere poi anche le rughe, come sempre chiedo durante la visita pastorale, di parrocchia in parrocchia, in un’esperienza esaltante e intensissima!

Per quest’anno, ci siamo infatti proposti di uscire INSIEME dal labirinto, tenebroso e triste. Ed abbiamo indi­viduato nella fraternità quel filo della vita, il filo di Arianna, che ci permette di non restare nella tristezza. Una fraternità, frutto di una paternità divina, scoperta da un’eccedenza rinnovante, poiché la pioggia ed il sole ci sono donati in piena gratuità, oltre i nostri meriti.

La vicenda di Giuseppe venduto dai Fratelli, nella ricchezza dei CENACOLI DEL VANGELO, ci ha permesso di scoprire la strada, progressiva. Passa dalla amarezza della cisterna e del carcere, nella durezza dell’invidia e della gelosia. Ma poi, ci ha educati, tutti, ad essere quel fratello che supera la logica del “chi sbaglia, paga!”. Non sia Beniamino ad essere messo in carcere. Anche se è stato lui a rubare la coppa. Lui ha sbagliato. Ma sono io a pagare al suo posto! Questo è il Goèl, che prende su di sé la Croce, come il Cireneo della storia.

Questo, fratelli nel presbiterato, è il nostro vero com­pito, in Molise: capire certo le dinamiche del male, ma voi non entrare nella logica dell’accusa. Prendersi invece la generosità di chi si sostituisce, per amore! Diverso è analizzare. Opposto è “giudicare”! Nel primo caso, la tua omelia si fa condivisione. Nel secondo, diventa durezza e accusa! Dito puntato.

Per far questo, ci viene in aiuto la Chiesa, che traccia con noi un cammino, proprio nel segno bellissima della consacrazione dei tre olii, questa sera, nella messa Crismale, che è il vertice di tutto l’anno liturgico. L’unica messa che non può essere presieduta da un prete, ma dal solo vescovo, con il suo presbiterio, attorno, unito e solidale nella preghiera, per poi esserlo nella pastorale! Ogni olio è un messaggio. Vivo con emozione grandissima quella parola, che la chiesa ci chiede di pronunciare.

 

OLIO DELLA CONSOLAZIONE è l’olio degli infermi!

La consolazione nella bibbia è sempre intrecciata con l’afflizione, in un dialogo inscindibile. Anzi, quanto maggiore è l’afflizione, tanto più gustata è la consolazione.

Gesù è la nostra consolazione. Lui asciuga le nostre lacrime, lui ascolta, di sera, nella cappellina, davanti al Santissimo, le nostre più intime pene, nascoste ad altri.

Ci chiede di essere pronti ad offrire consolazione in cinque momenti, di grande rilievo pastorale:

  1. a) Con i peccatori, nella confessione: puro di cuore è quel prete che sa indicare la visione di Dio, proprio nella fatica e nel guazzabuglio del nostro cuore, ferito. Che “perde” tempo, che si mette con fedeltà a confessare! E’ l’impegno di quest’anno pastorale. Con dolcezza e misericordia.
  2. b) Consolazione con i poveri, accolti. Sono loro a darci pero la verifica del nostro stile di vita. Ascoltarli, pur se stancano (come diceva un grande prete, don Dante Caluser, che per loro ha dedicato tutta la vita).
  3. c) Consolazione con gli ammalati. Con visite frequenti. Nè tutto sia lasciato al ministro straordinario della comunio­ne. Nè si faccia senza. Ma in un dialogo ben organizzato!
  4. d) Consolazione con i giovani disoccupati, precari! Poiché la precarietà è il tempo dell’attesa!

Spesso, non si sa che dire, come affrontare i drammi della crisi. Ma diverso sia ugualmente il nostro tono. In reale prossimità, vicinanza, amabilità, condivisione. Pregando insieme, quando la mano nostra non arriva a sciogliere il nodo!

  1. e) Grande consolazione sia riservata da parte di tutti noi, sacerdoti, agli stranieri, poiché anche la gente del Molise è stata straniera, in varie parti del mondo. Una memoria, che si fa tenerezza! Attenzione.

Un segno diocesano di questa CONSOLAZIONE è di certo la Mensa, nella Casa degli Angeli! Avremmo voluto e desiderato condividere il pasto, un ‘agape fraterna, subito dopo que­sto sacro rito. Ma vi sono seri lavori in corso, per l’ade­guamento antisismico! Rinviamo ad altra data! Ma un giorno, ci dobbiamo andare tutti insieme, i sacerdoti, i diaconi e con i seminaristi!

Ma soprattutto tra di noi, come confratelli, è necessario vivere il profumo di quest’olio della consolazione.

E’ fatto di parole positive, reciproche, di incoraggiamento, di emulazione e non di invidia. Di stima e non di gelosia! Di mitezza, che ci fa star bene con chi è ferito e non con i potenti del mondo o i notabili del paese!

Consolazione è allora anche l’arte della mediazione! Cioè valorizzare i piccoli passi, saper ritmare il cammino secondo le forze, senza mai abbassare le vette! Non occu­pare spazi, ma avviare processi, come ci esorta il papa (EG..?) Non tutto subito. Ma con tenacia, insieme, spesso poco stimato da chi vorrebbe risultati eclatanti! Ma effimeri!

 

IL CRISMA è l’olio della consacrazione

E’ il grande segno di questo giovedì santo, che viene inondato dalla bellezza e dalla eccedenza dell’amore di Maria di Betania, per Gesù. Un profumo che riempie tutta la casa. Cioè la tua parrocchia, la diocesi, la famiglia. Dove c’è amore, li c’è profumo. Ed anche dove c’è profumo di tenerezza e dolcezza fraterna, lì senti che c’è amore reciproco. Che edifica tutti, coinvolgendo l’intera co­munità dove vivi.

Nulla di più prezioso che un gruppo di preti, vicini, che vanno d’accordo, si aiutano, si stimano, collaborano e gioiscono della bravura dell’altro.

Questo è il vero crisma, profumo di grazia, che diffonde nel mondo il profumo della conoscenza di Cristo. Noi infatti aggiunge Paolo (2 Cor 2,15) “Siamo il profumo di Cristo, odore di vita per la Vita”!

Consacrati allora con il Crisma sul palmo delle mani o sul capo, come per i cristiani battezzati sulla fronte, sentiamo che Dio ci ha posto nelle mani le cose sante, consacrate! Le ha affidate a ciascuno di noi. Perché si fida di noi!

 

A noi è dato la gioia di custodirle, con cura ed amore. Ad iniziare dalla custodia amorevole di questa terra, così delicata ma limpida, del Molise. Amando i nostri piccoli ma graziosi borghi, conoscendone sempre più la storia, nella cura amabile delle chiese, delle case, dei valori rurali, delle stalle e delle officine.

E’ la bellezza e la intensità della INCARDINAZIONE, il dono primo che ci coinvolge tutti. Ad iniziare dai diaconi, con la gioia di vederli già ope­rosi, sui fronti delle parrocchie o delle opere caritative. Grazie ai nuovi, ben 12, che sono giunti tra di noi, dopo un lungo cammino di oltre sette anni. Ora tocca a tutti noi renderli sempre più attivi, nella fantasia della carità, di quel cuore che vede”!

Ma anche l’olio della consacrazione, del Crisma, ha alcune insidie, che impediscono la gioia.

Essere addetti alle “cose sacre” ci porti ad avere sempre cura dei ritmi e dei tempi di Dio. Mai fare una messa in fretta, la cosiddetta “messa secca”! Che brutta espressione! Consacrato in pieno è invece quel prete che tutti i giorni offre una breve e succosa omelia, che riassume la Parola ascoltata con calma e densità. E vi aggiunge la preghiera dei fedeli, non copiata dai foglietti, ma creata, con
cuore attento, capace di raccogliere le lacrime e le attese.

 

Il prete è un “pontefice”! Proprio perché unto di Crisma. E pontefice vuoi dire colui che crea ponti e non muri! Che sa unificare, raccogliere insieme “figli di Dio, che erano dispersi”! Con la sua morte, come ha fatto Giuseppe, con i suoi fratelli!

Grato sono a coloro che hanno creduto in esperienze di fraternità, variamente realizzate. Dai 4 Sacerdoti che vi­vono insieme, a Colle d’Anchise, con la cura delle sette parrocchie vicine, anche con l’occhio vigile della comunità delle Suore. Grazie del loro coraggio. Grazie della loro tenacia. Dovranno sempre più integrare quanto hanno fatto, con il cammino dell’intera diocesi. Per una ricchezza reciproca!

Ma grazie anche ad altre forme, molto ricche di bene. Durante la visita pastorale a Ferrazzano, sono stato molto contento e commosso nel vedere le due parrocchie del paese unite nel preparare bene il programma. E poi, poter incon­trare tutti insieme i due consigli pastorali, le catechiste, i giovani, la preghiera al cimitero. Tutti e sempre insieme! Finalmente. Così dovrebbero fare alcune parrocchie del Centro storico di Campobasso o quelle di Bojano.

Formule che non richiedono particolari risorse. Solo un cuore fraterno, che sappia profumare di unità e di vangelo.

Come pure è significativo l’esperimento che hanno fatto le quattro parrocchie di Pietracatella, di Sant’Elia, di Monacilioni, di Macchia V.P., si sono messe insieme, sotto la guida del vi­cario zonale ed hanno eletto un unico vice-parroco, che opera su tutte le parrocchie, in aiuto, specie con i giovani. Don Mauro Geremia sta crescendo in questo cammino singolare!

Dove c’è fraternità, lì c’è il profumo del Crisma.

E la Visita pastorale mi ha permesso di raccogliere tante esperienza positive, ricche di benedizione.

Ma anche di poter vedere come i limiti del clericalismo siano ancora presenti tra di noi, in forme strane, Dove non ci si fida dei laici, perché non li lanciamo nella missionarietà, dentro le cose, da soli. Accompagnati certo dalle nostre catechesi. Ma poi, essi sono all’altezza del compito. La missione è la verifica autentica della parrocchia. Non la perfetta organizzazione esterna!

 

OLIO DEI CATECUMENI è l’olio della forza!

Oggi, quest’olio non è da noi tanto vissuto. Eppure, lo era moltissimo nella Chiesa antica. Perché vi è rappresentato la sfida del male, la lotta quotidiana contro il maligno. Si tratta di raccogliere la valenza delle sfide, che oggi insidiano ma anche arricchiscono la nostra fede.

Tre in particolare sono le sfide che raccolgo, ogni giorno, nel cuore dei presbiteri e diaconi e tra la nostra gente.

 

  • La prima sfida è quella di essere e sentirsi inadeguati, scoraggiati, incapaci ad affrontare il mare vasto di una pesca esigente. Le reti vuote, davanti a diverse iniziative parrocchiali, possono creare nel cuore nostro un comodo at­teggiamento di passività: “Non serve niente … non c’è risposta … abbiamo provato … nessuno è venuto!”.

 

  • La seconda sfida, è perciò quella di abbassare la proposta, proprio perché la risposta è stata scoraggiante. E così non si semina più, poiché il raccolto è stato debole. In un progressivo impoverimento, per il prete e la comunità!

 

  • Di conseguenza, va ricuperata e posta al centro della pastorale la paroletta “zelo”. Non è propaganda. Ma stile di dono, profumo di vero nardo, nella casa di Betania! E’ passione, è fiducia nel nuovo, è rilanciare le reti! Non basta più una pastorale di conservazione, ma occorre una pastorale di missione!

 

Ed è anche per questo, che abbiamo fondato ed eretto il SEMINARIO DIOCESANO MISSIONARIO, che sarà di forte impulso per tutta la diocesi. Già quest’anno, alla vigilia di Pentecoste, vi saranno le prime due ordinazioni diaconali, di don Nicola e di don Giacomo! La sede del Seminario va ancora trovata, anche se l’abbiamo individuata. Preghiamo tanto il Signore, perché ci faccia questo dono, importantissimo!

Anche questa sera “gli occhi di tutti sono fissi su Gesù!”. E con gli occhi dei presbiteri, sentiamo intenso lo sguardo delle consacrate e consacrati, in questo anno, a loro dedicato! Sappiano ricavare forza dalla loro storia, per una memoria che si fa profezia nel presente, diventando speranza per un futuro di benedizione. Specie per i piccoli e i deboli. Così sentiamo la forza delle famiglie, protese verso il Sinodo di ottobre. Si rafforzi allora la sincronia tra le Suore, le famiglie e i preti. Alleanza di coraggio.

Mons. GianCarlo Bregantini

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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