REGIONE – Di Sandro arriva a palazzo D’Aimmo e accende subito le micce. A Toma “Ha perso l’occasione di risollevare le sorti del Molise”

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CAMPOBASSO – Consiglio regionale, si inizia nei tempi previsti. Arriva Di Sandro di Fratelli d’Italia a palazzo D’Aimmo dopo 10 anni di assenza, beneficiando dell’ordinanza della Cassazione e per la permanenza al suo posto di Pallante godendo, quindi, della formula della surroga. Ed i fuochi d’artificio iniziano con i primi colpi a ombrello “colorati” in aria.

“Un po’ di emozione c’è, – dice Di Sandro – tornare dopo 10 anni rappresenta sempre una grande soddisfazione soprattutto in termini morali dopo tutto quello che è successo negli ultimi anni, il mio contributo tecnico non lo so, non conosco gli atti, posso dare un contributo politico, come coordinatore di Fratelli d’Italia posso dettare la linea politica di Fratelli d’Italia in questo Consiglio regionale sino alla fine, poiché sono un uomo di partito e concordando con il mio partito sia all’interno del partito regionale che del partito nazionale la linea da adottare,  credo che manterremo sino alla fine gli accordi che abbiamo raggiunto all’interno del nostro partito”.

Di Sandro poi non reputa un risultato pieno quanto si registra al momento in Consiglio regionale con la presenza di 4 rappresentanti alludendo all’assenza ancora di Massimiliano Scarabeo “Non è un risultato perché noi dovevamo essere 5 assolutamente non è un risultato positivo, è un risultato parzialmente positivo”.

Ovviamente vicini ormai alla competizione elettorale di giugno, nessuna mozione di sfiducia a Toma almeno sul fronte del centrodestra, al contrario dell’opposizione dove c’è un annuncio su questo da parte del il M5S. Di Sandro, però, su tanto aggiunge  “Che senso avrebbe oggi una mozione di sfiducia se fra tre mesi andiamo a votare!”

Questo è il Di Sandro sull’uscio di palazzo D’Aimmo in aula a distanza di pochi minuti parla senza alcuna riserva soprattutto nei riguardi del Governatore e in aula la maggioranza va a ruota libera senza alcuna direzione comune “Toma ha distrutto il centrodestra – continua Di Sandro – Nel 2018 il centrodestra ha commesso l’errore di candidare una persona della società civile come presidente e ciò deve essere un monito per il futuro perché questi ruoli vanno scelti dai partiti e ricoperti da politici. Oggi avrei preferito ringraziare qualche collega di partito il Governatore la maggioranza che ha corso con me nella competizione elettorale invece sono qui solo per quanto ha stabilito la Cassazione. Lei presidente ha la responsabilità di aver estromesso da questo Consiglio 4 consiglieri con una decisione perseguita in maniera lucida per impedire anche il mio rientro in Consiglio. La mia è una rivincita morale e politica contro chi ha fatto dell’odio dell’invidia della gelosia unico obiettivo della sua attività”.

Poi attacca frontalmente il presidente della Giunta regionale “Lei ha perso l’occasione di risollevare le sorti della nostra regione ha perso l’occasione di essere il leader del centrodestra facendo diventare la maggioranza dell’aula un sua maggioranza. La mia condotta qui è quella che si attiene ad un uomo di partito e cioè di Fratelli d’Italia e non sarà certamente quella di colui che vuole togliersi il sassolino dalla scarpa.”

Niro ha, poi, spiegato che le sue dimissioni sono state ispirate da motivazioni politiche e istituzionali. Quindi Di Lucente ha chiesto chiarimenti a Toma sulla composizione del centrodestra con le posizioni maturatesi all’interno di Fratelli d’Italia attaccando quindi il comportamento del gruppo di Fratelli d’Italia all’interno del centrodestra dove il loro sostegno, secondo il consigliere di Popolari per l’Italia, nel corso dei mesi passati, si è messo spesso di traverso a scelte importanti come quello del Bilancio. Poi su Di Sandro ha evidenziato che diventa  “surreale” rivederlo in aula in maggioranza dopo quanto ha espresso sui consiglieri di quest’ultima. Toma nel suo intervento conclusivo ha dichiarato in sintesi che le critiche del rientrante Di Sandro sono legittime, facendo il mea culpa sul suo rapportarsi probabilmente più ai partiti nazionali che locali ma anche sottolineando di aver combattuto  spesso i conflitti di interesse”.

All’inizio c’è stata la presa d’atto dell’ordinanza della Cassazione passata con 11 voti favorevoli, l’astensione del presidente Toma e dei consiglieri del M5S. Non hanno votato perché fuori dall’aula Niro, Pallante e Cavaliere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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