CAMPOBASSO – Gianluca Cefaratti consigliere regionale del Molise, grande appassionato di calcio e inconfondibile tifoso del Campobasso che segue da anni, prendendo spunto da alcuni amarcord di una squadra che agli inizi degli anni ’80 riusciva di questi tempi, circa 40 anni fa, a battere la Fiorentina in Coppa Italia, un Giglio tra i più profumati degli ultimi anni composto da petali che si chiamavano Antognoni, Passarella, Di Gennaro, etc, fa uno zoom sul Lupo attuale rinchiuso per il momento nella tana del Consiglio di Stato da cui si spera liberarlo dopodomani, quando ci sarà una sentenza che dovrebbe stabilire la società di Gesuè dentro o fuori dalla C. Cefaratti ricorda
“Proprio in questi giorni ricorre l’anniversario della storica vittoria del Campobasso sulla Fiorentina di Antognoni, Passarella e tanti altri campioni, in Coppa Italia, al vecchio stadio Romagnoli. Un giorno importante, che segnò l’inizio di una vera e propria epopea calcistica. Da quel giorno l’Italia del pallone si accorse che era nata una piccola stella e nel corso degli anni ne hanno fatto le spese anche squadre blasonate come Juventus, Lazio, Genoa, Cagliari, Bari, Lecce e tante altre. Quell’epopea è finita, ma sono stati anni indimenticabili e probabilmente irripetibili; il mondo è cambiato, il calcio è cambiato; non esistono più quei presidenti appassionati e competenti (a volte anche stravaganti e pittoreschi) che, come il nostro Tonino Molinari, sacrificavano affetti, famiglie e proprietà per la squadra della propria città o della propria regione. Oggi, soprattutto ai livelli più alti, il calcio è principalmente business; società quotate in borsa, sconosciuti mecenati che investono somme ingenti in realtà a volte improbabili. Tutto ruota intorno al dio denaro, tutto è visto nell’ottica del profitto.
Ma il calcio non può essere questo. Il calcio è, semplicemente, passione.
E navigare in questo mare per società – aggiunge Cefaratti – che rappresentano realtà più piccole o povere è impresa sempre più difficile. Ne hanno pagato lo scotto città calcisticamente storiche che non riescono a tenere il passo. Figuriamoci la nostra Campobasso. Non mi permetto di fare valutazioni sulla società non conoscendo le sue dinamiche interne, i suoi bilanci, la sua reale situazione patrimoniale; mi permetto però di affermare che, dopo anni di anonimato e campetti di periferia ha provato ed è riuscita a riportare il Campobasso nel calcio che conta. Siamo oggi all’epilogo di una lunghissima querelle che ci contrappone a un tal signor Ghirelli, Presidente della Lega Pro, che si erge a paladino del rispetto di regole ferree che il Campobasso calcio, all’atto dell’iscrizione, si è permesso di infrangere; quelle stesse regole che hanno letteralmente falsato il campionato terminato (chiedere informazioni alla Paganese) nella geniale gestione del caso Catania; o quelle stesse regole che hanno avallato l’iscrizione di una società (Alessandria) ormai sull’orlo del baratro e che quasi sicuramente non riuscirà neanche ad iniziare il campionato.
Per questo grigio burocrate – continua il consigliere regionale Gianluca Cefaratti – contano soltanto le date in cui devono essere effettuati determinati versamenti, tutto il resto è insignificante; tutto l’indotto, tutto quello che “gira” intorno ad una società non ha importanza.
E proprio perché a quanto detto si sono aggiunte le conseguenze drammatiche causate dalla pandemia che ha ulteriormente penalizzato (anche) le società sportive, dalle più grandi alle più piccole, visti i mancati incassi percepiti, sarebbe necessario fare valutazioni di più ampio respiro. Sono condizioni oggettive di cui non si può non tener conto. E sono le stesse evidenziate, in modo chiaro ed inequivocabile, dal Dr. Barra Caracciolo nella sua relazione che ha accompagnato la decisione di accogliere il ricorso del Campobasso al Consiglio di Stato. Una relazione durissima nei confronti del Presidente Ghirelli ma soprattutto nei confronti del suo “modus operandi” sordo e cieco, insensibile e colpevolmente ottuso nel non considerare tali elementi oggettivi. Una sentenza di rigetto comporterebbe danni incalcolabili: dal punto di vista sportivo ovviamente, ma anche dal punto di vista economico-sociale ed occupazionale. Sono tante le attività che hanno beneficiato, nel corso della passata stagione, della partecipazione al campionato di serie C, sono tante le persone che (dai dipendenti ai collaboratori, dalla stampa alle tv locali) sono state impegnate dal punto vista lavorativo. Sono tantissime le persone che, in occasione delle partite casalinghe, hanno potuto visitare la nostra città e la nostra regione: lo sport e il calcio a questi livelli in particolare, rappresentano un vero e proprio polo di attrazione, un vero e proprio asset di quello che può essere definito “incoming”.
Tutto questo non può essere ignorato, tutto questo non può essere cancellato per una rata pagata in ritardo.
L’unica cosa che è rimasta intatta, identica, rispetto a quella gloriosa epopea calcistica è l’amore smisurato per la casacca rossoblù. Speriamo lo resti ancora a lungo.”
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