VENAFRO – S. Chiara: il Museo archeologico è ricco di arte e storia, ma lo sanno in pochi intimi

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VENAFRO – Un Museo, quello di S. Chiara a Venafro, ricco di storia, arte e testimonianze di assoluto pregio e rilievo, ma pochissimo pubblicizzato e conseguentemente con visitatori numericamente assai contenuti nel corso degli anni.

Il Museo archeologico di Venafro è ospitato all’interno del monastero seicentesco di S. Chiara, nel centro storico di Venafro, dove dal 1931 aveva trovato collocazione un primo nucleo di materiale archeologico, proveniente dalle Terme di S. Aniello. Oltre all’antica raccolta il museo conserva i ritrovamenti provenienti dai recenti scavi archeologici, che hanno permesso di conoscere meglio l’insediamento sannitico e la città di età imperiale. Il percorso espositivo si articola in due piani secondo criteri cronologici e tematici e documenta le varie forme di occupazione del territorio in età romana: necropoli, opere pubbliche, insediamenti produttivi; i principali monumenti della città; mostra i diversi aspetti della vità quotidiana, pubblica e privata della Venafrum romana. Nel portico del chiostro si trova materiale proveniente dalle necropoli, che si distribuivano lungo le principali vie di accesso della città romana. Nelle sale sono esposti elementi architettonici appartenenti alla decorazione del teatro romano e delle strutture circostanti in località Sant’Aniello; degne di nota sono le due grandi statue di togati. Vi sono poi documentati ritrovamenti in abitazioni private ed edifici di area urbana, con resti di affreschi e mosaici. Di particolare interesse è l’editto augusteo con le regole d’uso dell’acquedotto, redatto negli anni tra il 17 e l’11 a.C. Il documento contiene le indicazioni sulle modalità costruttive, i rapporti con i proprietari dei terreni attraversati, la distribuzione dell’acqua ed indica i magistrati a cui era affidata la gestione e la sorveglianza dell’acquedotto e che erano competenti in caso di controversie. Tra le sculture è nota la statua raffigurante Venere, di età antoniniana (II secolo d.C.), che fu ritrovata nel 1958 durante i lavori per la costruzione di una casa in via Colonia Giulia.

Analogamente bello, salutare ed attraente il territorio che lo ospita, cioè quello del Venafrano, ma anche in questo caso la conoscenza è per pochi fortunati e quindi le presenze risultano ridotte.

E’ quanto si ricava dalle testimonianze dei non molisani capitati per caso dalle parti di Venafro. Riportiamo di seguito infatti una lettera/testimonianza di una turista romana pubblicata anche su un giornale nazionale e che testualmente recita: “Ho visto lo spettacolare Museo archeologico nazionale di Venafro in Molise con il suo teatro romano posto ai piedi della montagna, le statue, i reperti, la famosa “Venere” imperiale del II secolo e la “Venere callipigia”, 8mila anni, e altre meraviglie. Peccato l’assenza dei visitatori e quella essenziale delle scolaresche che non godono della funzione didattica del ricco complesso esposto all’interno del Monastero di Santa Chiara, coi tesori dai Sanniti all’Alto Medioevo esposti in magnifiche sale e nel chiostro con la grande, rara testa di Gorgone. Il Museo non è segnalato in zona. Ha incassato nel 2017 solo 883 euro. Il paesaggio è incontaminato, bellissimo, i tessuti urbani intorno da Venafro a Isernia accoglienti e ricchi d’arte dimenticata”.

Una disamina impietosa ma assolutamente veritiera della ridotta pubblicizzazione all’esterno del Molise e delle ricchezze storico/artistiche della nostra regione, nonché della contenuta partecipazione delle scolaresche al prezioso patrimonio culturale del territorio venafrano e dulcis in fundo l’altrettanto ridotto apprezzamento delle qualità ambientali e territoriali del Molise che altri da altre regioni apprezzano ed ammirano, mentre il più delle volte sono proprio i molisani a lasciarle passare sotto gamba e quindi a valutarle e valorizzarle assai relativamente. Cambierà il trend? Non resta che augurarselo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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