Pagine che “raccontano” il Molise: a Sesto Campano le meretrici del ‘700 non pagavano pedaggio, a Pantano nell’ ‘800 non si concedeva asilo

Sesto Campano, meretrici del '700
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VENAFRO – Testimonianze storiche del Molise arrivano da Sesto Campano, oggi ultimo Comune del Molise dell’ovest a confine con la Campania, e Pantano, piccolo borgo rurale amministrativamente di Scapoli ma sotto il profilo fisico ricadente in territorio di Filignano.

Iniziamo da Sesto Campano e dalla pandetta (etimologicamente, “che raccoglie tutto”) scolpita su pietra e conservata nell’antico castello ducale sestolese. Vi si legge: “Per qualsivoglia meretrice non si esigga cosa alcuna”! In parole povere per il più antico “mestiere” del mondo nel settecento, passando per le proprietà del duca sestolese del tempo, non c’erano tasse da pagare. Le prostitute di allora non dovevano quindi pedaggio alcuno al duca locale che viceversa, dati i tempi, pretendeva denaro e tant’altro da tutte le altre categorie lavorative. All’epoca cioè la massa pagava pedaggi, meno che le meretrici, le prostitute, in transito per Sesto. Ne dà notizia lo storico venafrano Franco Valente, informando che la pandetta su pietra la si può leggere ed ammirare nella corte interna del mastio sestolese. “Vi si accede attraverso un originale portale e da lì si entra nella grande stanza/cisterna -fa sapere Valente- a fianco della quale nei tempi moderni è stata collocata l’antica tavola dei pedaggi che si dovevano pagare per il passo alla Taverna del Duca”. “Un duca democratico, quello sestolese” ipotizza tra il serio ed il faceto lo storico venafrano, il quale aggiunge che la pandetta di Sesto Campano venne autorizzata dalla Camera della Sommaria il 14 giugno 1744. Tra le altre possibili ipotesi circa l’esenzione a favore delle meretrici del ‘700 in quel di Sesto, potrebbe anche trattarsi di un’attenzione studiata verso le donne che all’epoca esercitavano l’antico “mestiere” in modo da attirarle nel territorio e conseguentemente favorire l’arrivo di forestieri loro possibili clienti, ricavando così nuove risorse per le casse ducali del tempo. Una sorta di pubblicità del territorio, potremmo dire con linguaggio e mentalità attuali.

L’altra particolarità storica arriva da Pantano, piccola frazione di Scapoli geograficamente ricompresa in ambito comunale di Filignano. La sua appartenenza amministrativa a Scapoli deriverebbe da un lascito baronale, con cui si destinarono tutti i beni del posto al predetto Comune ai piedi delle Mainarde, Scapoli appunto. La particolarità storica della piccolissima borgata di Pantano nella quale oggi vivono poche decine di persone è rappresentata dalla scritta su pietra murata all’esterno del luogo di culto del posto, giusto sull’unica porta d’accesso. Vi si legge, “Qui non si gode asilo – 1805”. Ad inizio ‘800, è quanto si può provare ad ipotizzare mancando documenti storici, nel territorio meridionale dell’attuale Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise era tanta la presenza o quanto meno il passaggio di personaggi di relativo affidamento sotto il profilo sociale, soliti a rifugiarsi nei luoghi di culto per sfuggire alla giustizia, che a Pantano si fu costretti a scolpire su pietra affiggendolo sulla facciata esterna della chiesa il perentorio diktat per tenere lontani figuri loschi che evidentemente si aggiravano massicciamente in zona, avvisandoli che non avrebbero avuto asilo e quindi protezione ed accoglienza a Pantano. Una sorta di deterrente per arginare e scoraggiare la presenza in zona della malavita, della gente di mal’affare dei primi dell’800, così da allontanarli dal territorio e vivere più tranquillamente.

Due “pagine”, quella di Sesto Campano e l’altra di Pantano, che raccontano la storia trascorsa in Molise, evidenziando particolarità insolite e uniche.

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