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CAMPOBASSO – Vertenza Cgil – Castellina, si è concluso in questi giorni in modo favorevole alla Cgil, come informa quest’ultima, il processo civile di appello iniziato nel 2016, avverso una sentenza di primo grado del Tribunale di Campobasso che aveva dato ragione alla Confederazione sindacale sul diritto di critica sindacale.
“Il processo di primo grado – scrive la Cgil – iniziato nel 2006 e conclusosi nel 2015, afferiva ad un caso di paventata diffamazione a mezzo stampa di cui il legale rappresentante della Castellina SpA (azienda di imbottigliamento dell’acqua partecipata dalla Regione Molise), aveva accusato la CGIL per alcune dichiarazioni rese da suoi rappresentanti nel corso di un aspro conflitto industriale, richiedendo un risarcimento del danno di euro 500.000,00.
In giudizio erano stati convenuti anche il gruppo editoriale del giornale Nuovo Molise Oggi e un consigliere regionale.
In particolare era accaduto che nel corso dell’anno 2005, con diversi comunicati sindacali pubblicati dal
quotidiano Nuovo Molise Oggi, una segretaria confederale CGIL e l’allora segretaria della FLAI CGIL avevano
denunziato la condotta tenuta dal rappresentante legale, nei confronti dei dipendenti della propria azienda
(Castellina Spa), condotta consistita nel mancato pagamento delle retribuzioni, nell’omissione della rotazione dei
lavoratori in cassa integrazione, nel licenziamento di alcuni dipendenti in dispregio di quanto concordato in sede di Assessorato al Lavoro, ma, soprattutto, nel mancato invio all’INPS da parte dell’azienda di tabulati necessari
affinchè l’Ente corrispondesse ai lavoratori l’indennità di Cigs, approvata da mesi e decorrente dal 2004 (per
intenderci, da un anno i lavoratori non percepivano la retribuzione, né l’indennità di Cassa Integrazione e, ciò
nonostante, l’azienda non inviava i tabulati all’Inps).
A tale proposito nel corso di un tentativo di conciliazione presso la DPL di Isernia il rappresentante legale dell’azienda, era comparso, affermando alla presenza di più persone, tra le quali i membri della Commissione, che non avrebbe inviato i tabulati se i dipendenti non avessero accettato la metà delle loro spettanze.
Da qui, i comunicati dei dirigenti sindacali della CGIL che contenevano affermazioni forti ed incisive, ma
mai travalicanti verso il dileggio personale. Oltretutto le stesse traevano origine da fatti veri (veridicità), erano di
interesse pubblico (rilievo pubblico della notizia) e utilizzavano un linguaggio non offensivo del decoro e
dell’onore (continenza formale).
Tali requisiti – continua la Cgil – consentono alla critica sindacale di fungere da scriminante del reato di diffamazione, nel senso che il diritto di critica sindacale, che promana dal più generale diritto di libera manifestazione del pensiero (art. 21, Cost.), se esercitato nel rispetto dei predetti canoni, fa venire meno il reato di diffamazione ed anche la responsabilità civile- extracontrattuale, con ciò conferendo ai rappresentanti sindacali una maggiore libertà espressiva rispetto ai comuni cittadini, in considerazione del ruolo del sindacato in una società democratica.
Su tale aspetto la Corte d’Appello di Campobasso ha precisato che “il diritto di critica può contemplare, anche in ragione della forte animosità delle controversie sindacali, l’uso di toni aspri e pungenti, maggiormente incisivi rispetto a quelli che normalmente si usano nei rapporti interpersonali, fermo restando che tali toni devono essere collegati alla manifestazione di un ragionato dissenso”.
Ebbene, sulla base di tali principi la Corte d’Appello di Campobasso ha rigettato integralmente le domande
dell’appellante (Castellina), confermando la sentenza di primo grado e condannandolo a pagare le spese legali in favore della CGIL vittoriosa, che ritiene confermato un importante principio di civiltà giuridica in materia di libertà e attività sindacale e plaude al lavoro degli avvocati difensori Marianna Salemme e Pietro D’Adamo”.
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