ISERNIA – Maurizio Santilli al Proscenio di Isernia, la recensione di Giovanni Petta

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ISERNIA – “Mi sono così tanto ubriacato di vita che ho dimenticato di morire”. Si chiude con questa citazione “cinese” lo spettacolo di Maurizio Santilli “Io adoro la sintesi, sarò bre…”. E proprio nella frase finale va cercato il senso del lavoro di Santilli: un’ora e venti minuti di umorismo colto, divertentissimo e intelligente, recitato con una generosità commovente che, come dice lo stesso Santilli, “è una sorta di dovere etico”. La vita che non può essere vissuta se non ridendo, nel tornare alla superficie delle cose dopo aver sondato la profondità della ricerca interiore e la difficoltà nel trovare risposte alle ineffabili domande ontologiche: questo il messaggio che fa da collante al collage pirotecnico di citazioni.
 L’attore venafrano – ma quanto è riduttivo limitarlo geograficamente! – ha portato il suo testo al Proscenio di Isernia, ha divertito e ha fatto riflettere cercando la sintesi del proprio pensiero nei mostri sacri dell’umorismo italiano: da Tino Scotti a Beppe Viola, da Achille Campanile a Totò, da Dario Fo ai comici di Zelig, da Petrolini a Campanile, da Flaiano a Marchesi.
La morte e la vita, l’amore e la quotidianità, la lingua e i dialetti: questi i temi toccati da uno spettacolo che scorre veloce, che coinvolge e che ha anche momenti di profondo lirismo nell’attenzione che viene data alla poesia in musica dei grandi autori italiani: Bertoli, Mogol, Califano, i classici della canzone napoletana.
Al Proscenio –  spazio di cultura che merita elogi infiniti per la tenacia dell’impegno e per la qualità delle occasioni che offre in continuazione agli isernini – Santilli ha recitato e cantato, mimato e suonato,  con padronanza degli strumenti tecnici e con la passione evidente di chi ha voluto far coincidere l’arte con la propria vita. Rischiando per questo, consapevolmente; giocandosi tutto.
Giovanni Petta

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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